All’inizio dell’800 l’azienda passò nelle mani di Matteo Thun, finanziatore e sostenitore di Garibaldi, che con un restauro estensivo la portò allo stato che si può visitare attualmente e cioè i tre corpi del fienile-stalla, opificio e abitazione. Per alcuni anni la proprietà passò ai Chini, discendenti del famoso Eusebio che partì da Mezzocorona come esploratore, astronomo e missionario. La famiglia Martinelli, nel raccontarci questa storia, non ci nasconde che a loro piace pensare che dal “Maso Chini” – ora il cru di riserva Teroldego Martinelli – il giovane “Kino” partì non solo per mappare il Messico ma anche per insegnare l’arte della coltivazione della vigna agli abitanti della California. Nel 1855 l’azienda fu acquistata da Andreas Martinelli, giovane abbiente proveniente dalla Val di Non che nell’arco di pochi anni trasformò il maso in una moderna azienda agricola con affari in mezza Europa e acquistò anche il palazzo Firmian ora sede del Comune.
Dal 1860 la Cantina Martinelli è rimasta sempre un’azienda a conduzione familiare vincendo numerosi premi sia per il vino che per il bestiame. Qui, nel cuore delle Dolomiti, Martinelli fa rinascere la produzione del Teroldego di eccellenza attraverso uno stile di vinificazione tradizionale, dedicandosi con cura ad ogni passaggio della vendemmia. L’obiettivo è quello di lasciare esprimere le caratteristiche del vitigno nel vino ogni anno con le sue variabilità minimizzando l’uso di prodotti enologici sia in campagna che in cantina dove, invece, la fanno da padroni il rispetto dell’uva, l’amore per il territorio e per i vitigni autoctoni.
Se avete letto la storia, vi saranno bastate poche righe per capire in che modo magico è riuscito a catapultarci Andrea Martinelli. La storia di una cantina che si intreccia, a maglie strette, con la storia di una famiglia, di un territorio, dell'Italia. E poi l'amore per il Teroldego, vinificato secondo i metodo più tradizionali e rispettosi del terroir. Non potevamo non farvelo degustare!